In memoria di me by Patrick C. Goujon;

In memoria di me by Patrick C. Goujon;

autore:Patrick C. Goujon; [Goujon;, Patrick C.]
La lingua: eng
Format: epub
editore: edigita
pubblicato: 2023-04-04T13:04:44+00:00


Ho seguito il mio fascicolo giudiziario con dedizione. Sarebbe stata la giustizia a liberarmi dal male. La caricavo di una speranza che non le appartiene.

Aspettavo quella verità che non possedevo. Mi sarebbe piaciuto ascoltare i fatti, leggerli in una relazione d’inchiesta. Ne avevo abbastanza di essere solo con i miei ricordi, le mie paure, le mie impressioni, le mie deduzioni. La legge si pronuncia senza emozione affinché ciò che è giusto possa essere detto senza lasciarsi prendere dallo scandalo, dall’orrore o dalla rabbia che spesso ti colgono in queste occasioni. La vittima non ha bisogno, in quel momento, dell’emozione altrui. Vuole invece potersi riconoscere in fatti ben definiti: aggressione, delitto, o crimine.

Il tempo ha pesato su di me. Mi sono levato di dosso l’illusione che la giustizia mi avrebbe liberato dalla mia paura. Forse mi ero immaginato che alla fine avrei visto quella scena. Che, interrogato, l’aggressore avrebbe abbozzato una sorta di pentimento e che questo pentimento mi sarebbe stato comunicato. Che la diocesi, in un modo o nell’altro, mi avrebbe presentato le sue scuse, avrebbe ammesso la gravità dei suoi errori. Che sarebbe arrivata una forma di risarcimento (quale, non ne ho la minima idea).

La mia situazione non la smetteva di essere allo stesso tempo limpida e oscura. Sapevo quello che mi era successo. Avevo avuto il presentimento, una decina d’anni dopo la mia aggressione, che quel prete fosse stato relegato nella segreteria del vescovado. Quando, da adolescente, lo incontravo, mi sembrava, le rare volte in cui incrociavo il suo sguardo, che fosse sottoposto a un trattamento. Aveva l’aria stordita. Camminava con l’esitazione tipica di chi è intralciato dai farmaci neurolettici. Erano forse state prese delle misure? E dove era stato spedito in seguito, visto che a Verdun nessuno lo vedeva più? Forse erano soltanto storie che mi ero raccontato e che adesso mi tornavano in mente? La giustizia avrebbe messo in ordine ciò che si agitava dentro di me. Avrebbe fatto una distinzione precisa tra ciò che mi era successo, ciò che avevo ipotizzato e ciò che senza ombra di dubbio avevo ricostruito per resistere.

Che cosa si sapeva del colpevole? (Il vescovo me l’ha detto: «Tra i preti presenti all’epoca, lo sanno tutti». Quindi si tratta di un recidivo, dal momento che io non avevo raccontato nulla. Questo è quello che capivo io, che riuscivo a dedurre a partire da ciò che mi veniva riportato). Mi sarebbe piaciuto avere non dico delle prove di ciò che era accaduto – è passato tanto tempo, le testimonianze sono ormai scomparse, o piene di lacune – ma un quadro preciso della situazione.

Volevo ricevere le giuste informazioni. Introdurre in ciò che mi tornava in mente a ondate, che mi turbava, per poi di tanto in tanto calmarsi, la neutralità di una constatazione: ecco che cosa l’indagine condotta permette di affermare, all’incirca quarant’anni dopo l’accaduto. Tutto questo può suonare strano: delle rassicurazioni basate sui fatti avrebbero lenito l’ustione del non sapere con esattezza ciò che mi era successo.

La legge si è infine pronunciata



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